Interessante studio della Cgia di Mestre sul mondo del lavoro, con una particolare attenzione al lavoro sommerso. Il lavoro in nero è una delle problematiche più gravi del nostro Paese, dato che si ripercuote sulla disoccupazione ma sopratutto sul mancato gettito fiscale. Secondo la Cgia di Mestre, in Italia ci sarebbero quasi 3 milioni di lavoratori in nero: un numero veramente alto, se consideriamo il numero dei disoccupati italiani. Ma non è tanto un problema di conteggio sul valore dei disoccupati, la Cgia infatti pone l’attenzione sul valore fiscale del dato: i lavoratori, svolgendo il loro lavoro in nero, contribuiscono in maniera pesante all’evasione fiscale. Infatti il valore del sommerso in Italia è pari al 102.5 miliardi di Pil irregolare all’anno, pari al 6.5% del Pil italiano. Un valore veramente altissimo, se consideriamo che sottrae ben 43.7 miliardi di euro alle casse dello Stato. La Cgia ha evidenziato come sia in particolar modo il Sud ad avere una maggiore quantità di lavoratori in nero: nel Sud Italia infatti si concentra quasi la metà del gettito fiscale che viene a mancare allo Stato, per un valore di 19.2 miliardi di euro. La Regione più colpita dalla piaga del lavoro sommerso è la Calabria: si stima che in Calabria l’incidenza del lavoro sommerso sia pari al 18.6%. Dopo la Calabria, altri dati negativi in Basilicata (con 45.600 lavoratori irregolari) e il Molise (con 27.000 lavoratori in nero). “Con la crisi economica, l’economia sommersa ha subito una forte impennata. In questi ultimi anni chi ha perso il lavoro non ha avuto alternative: per mandare avanti la famiglia ha dovuto ricorrere a piccoli lavoretti per portare a casa qualcosa. Nel Mezzogiorno possiamo affermare che il sommerso costituisce un vero e proprio ammortizzatore sociale” spiega il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi.