Interessante studio della Confartigianato, quello pubblicato in questi giorni sui principali quotidiani e portali economici. Viene evidenziata la larga “macchia” del lavoro in nero in Italia.Ecco un estratto dello studio di Confartigianto. “L’economia sommersa arruola un ‘esercito’ sempre più numeroso ed agguerrito formato da 639.900 operatori ‘irregolari’, micidiali concorrenti sleali dei veri imprenditori. In aumento il valore aggiunto prodotto dalle attività abusive: l’incidenza sul PIL nel 2008 è salita al 16,9%, rispetto al 16,6% del 2007. Il fenomeno dilaga nel Mezzogiorno dove l’incidenza del lavoro sommerso, che a livello nazionale è dell’11,8%, sale al 18,3%, percentuale doppia rispetto al Centro Nord (9,3%). Il Nord Est è l’area del Paese in cui le imprese subiscono la minore concorrenza sleale del sommerso. A livello regionale è la Calabria a detenere il primato negativo dell’abusivismo, seguita da Sicilia, Puglia, Campania e Molise. In Calabria più di una unità di lavoro su quattro (27,3%) è irregolare. All’altro capo della classifica, guida il gruppo delle regioni ‘virtuose’ l’Emilia Romagna, dove il tasso di irregolarità del lavoro è dell’8,1%, seguita dal Trentino Alto Adige, dalla Lombardia, dal Lazio e dalla Toscana. Il rapporto di Confartigianato rileva anche le province con la maggior presenza di attività sommerse: la ‘maglia nera’ va alla provincia di Crotone, seguita da Vibo Valentia, Cosenza, Enna, Brindisi, Caltanissetta, Reggio Calabria, Trapani, Nuoro e Catanzaro. Il sommerso preoccupa molto meno nelle province del Nord: la minore concorrenza sleale si registra a Bolzano, seguita da Reggio Emilia, Parma, Prato, Milano, Firenze, Mantova, Rimini, Roma e Ferrara”.
L’intero testo è disponibile sul sito di Confartigianto a questo link.