La discesa dei prezzi del greggio continuerà, complici anche i timori Brexit. L’AIE (Agenzia Internazionale per l’Energia), sembra confermare le previsioni di Matt Smith, capo della commodity research alla ClipperData, il quale ha decretato che molto probabilmente si andrà verso i 40 dollari al barile. Tuttavia, l’Agenzia ha anche dichiarato che, secondo le proprie stime, il mercato del petrolio troverà un equilibrio nella seconda parte del 2016, a fronte di una domanda sempre più forte e di un aumento dei consumi.
Petrolio: cosa pesa sul prezzo del greggio?
Tra i principali fattori che potranno portare al crollo dei prezzi del petrolio verso i 40 dollari al barile vi è certamente il forte calo delle importazioni di oro nero in Cina. Matt Smith ha espresso tutta la sua preoccupazione in merito: La Cina sta importando tantissimo greggio, è davvero folle. Si tratta di importazioni per circa un milione di barili al giorno in più rispetto a quanto sta consumando in realtà”, e secondo lo stesso Smith la cosa ancora più grave è che i mercati non stanno considerando quanto il fattore Cina peserà nel prossimo futuro, quando questa eccessiva importazione cesserà. Il discorso assume dei connotati ancora più critici se si pensa che il Paese dispone di una capacità di 155 milioni di barili e fino ad ora ha accumulato 135 milioni di barili. Teoricamente, in un solo mese, la Cina potrebbe (dovrebbe) fermare la richiesta, che è già in frenata. Altro fattore rilevante, è il contemporaneo aumento della produzione in Arabia Saudita, Iran e Iraq. Il crollo verso i 40 dollari è quasi certo, ma non è escluso che si possa arrivare anche ai 30 dollari.
BCE fa autocritica: il calo del greggio avrà conseguenze negative
I risultati di un recente studio effettuato dalla Banca Centrale Europea ha rivelato che il calo dei prezzi del petrolio, invece di avere un impatto positivo sull’economia globale così come si prevedeva e si sperava, molto probabilmente avrà risvolti negativi. Dal 2014 al 2016, il prezzo dell’oro nero è sceso del 70% e questo calo avrebbe teoricamente dovuto sostenere l’economia europea, grazie al contemporaneo aumento dei redditi reali. Tuttavia, rispetto a quanto accaduto in una situazione simile negli anni Novanta, imprese e famiglie hanno diminuito il consumo di energia invece che aumentarlo, come se non ci fosse stata convinzione che il suddetto calo potesse essere duraturo, o più semplicemente, in considerazione di una crisi finanziaria che negli anni Novanta non c’era, la popolazione è più votata al risparmio, proprio lì dove si può risparmiare.