Perde circa l’1% del suo valore la quotazione dell’oro nero, nella seduta odierna di mercato. Prezzo Petrolio attualmente a 47,55 dollari al barile, giù dello 0,85%. Asset sottopressione, soprattutto a causa dei risultati del report di Ottobre sulle importazioni cinesi. La domanda di greggio del Paese asiatico è calata, a fronte oltretutto di un aumento di forniture programmato dall’Arabia Saudita. Per mercoledì, si attende la riunione dei membri dell’Opec a Vienna. Il meeting prevede la discussione finale sull’accordo per il taglio alla produzione. Sul quale permangono ancora una serie di dubbi, a soli 5 giorni dal confronto.
Prezzo Petrolio: accelerata dell’Arabia Saudita
Il tempo stringe e le incognite sono ancora troppe. Il Regno Saudita prova dunque a prendere il toro per le corna, cercando di convincere i membri dell’Opec ancora restii ad accettare l’accordo sul taglio alla produzione.
Se le negoziazioni si concluderanno positivamente, la quotazione del greggio dovrebbe salire nell’immediato di almeno 2 dollari al barile. Tuttavia gli ostacoli sembrano ancora molti.
Le nuvole sono tornate ad oscurare anche la posizione della Russia. Il Cremlino, produttore esterno all’organizzazione, chiede solo il congelamento e si defila per il taglio alle estrazioni.
Complessivamente, la produzione dovrebbe essere ridotta dell’1,6%, in base al pre accordo deciso ad Algeri a Settembre.
Iraq e Iran rappresentano lo scoglio più grosso all’interno del Cartello. Ma di fatto, affinché il taglio non venga completamente annullato dalla produzione dei Paesi esterni all’Opec, occorre collaborazione anche dal di fuori. L’Arabia Saudita chiede dunque a Russia ed Equador una riduzione di 500.000 barili al giorno.
Il Ministro dell’Energia russo Alexander Novak non esclude la possibilità di arrivare ad un compromesso. Considerando infatti che la produzione per il 2017 dovrebbe salire, attuando un congelamento il Cremlino ridurrebbe comunque di circa 300 mila barili al giorno le proprie estrazioni.
Novak sta inoltre tentando di coinvolgere anche altri Paesi esterni all’organizzazione come il Kazakistan, il Messico e la Norvegia.
Opec: Trump complica i piani dei sauditi
L’Arabia Saudita è in allarme anche per un’altra questione. Ovvero il programma del neo eletto Donald Trump.
Il nuovo Presidente degli Stati Uniti si è detto infatti favorevole ad una politica di sostegno allo “shale oil” americano. Ciò significa che l’Opec, attuando il taglio, andrebbe ad avvantaggiare i piani del tycoon e la produzione statunitense.
Guardandola da quest’ottica, al Cartello converrebbe non attuare alcun taglio alle estrazioni. Se il prezzo petrolio rimane basso, infatti, le compagnie americane potrebbero accettare un taglio alla propria produzione.
Analizzando la situazione sotto i diversi punti di vista, non è dunque affatto detto che l’Opec esca dal meeting del 30 Novembre con la firma sull’accordo. E i mercati infatti non si mostrano convinti nei confronti della quotazione.